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Tour de France 2015

02 Ago 2015

Chris Froome vince meritatamente un TdF inferiore agonisticamente alle aspettative della vigilia e, come ormai troppo spesso accade, sfregiato dalle solite accuse gratuite di doping da parte degli sconfitti (alcuni media francesi).

Passata senza sorprese la temutissima tappa del pavè, erano state le rotonde, la pioggia e il vento della Zelanda a fare la prima selezione già alla seconda tappa, con Quintana e Nibali a pagare 1’30” di ritardo, che per il colombiano alla fine risulteranno determinanti.

Sui Pirenei, alla prima tappa di montagna con arrivo a La Pierre Saint Martin, il ritmo infernale imposto dagli SKY, con la complicità di un caldo atroce, sotterra tutti gli avversari di Froome, tranne Quintana che, oltre al minuto di ritardo, deve subire la umiliazione di essere preceduto sul traguardo anche da Porte, rinvenuto su di lui nonostante in precedenza avesse lavorato a fondo per il suo capitano.
Soprattutto un deludente Nibali lascia oltre sei minuti, che si aggiungono ai due già accumulati, e dice precocemente addio al podio a Parigi.

Sulla salita (15.7Km al 7.4%) Froome sale in 41’42”, VAM = 1670 m/h, pari a 6.18 w/kg = 417watt, secondo le mie misurazioni.
Subito piovono deliranti valutazioni di oltre 7 w/kg e conseguenti accuse di doping (ematico, tecnologico e altro), che costringono il Team Sky a rivelare i dati del loro atleta: “414w medi, FC media 158bpm, FCmax 174bpm, peso 67.5 kg. Nel momento dell’ attacco 556w per 25” circa con un picco di 929w, poi nei 4 min successivi 449w medi, con una VAM = 1777m/h”.
Numeri ottimi, ma perfettamente in linea con quelli espressi al TdF nel recente passato dai migliori scalatori, Armstrong compreso.
Sono i rivali che sono andati piano, molto più piano del previsto, soprattutto Nibali e Contador, due dei “magnifici 4” della vigilia.

Plateau de Beille (15.9 km al 7.9%) viene scalato dal gruppetto dei migliori in 45’30” (VAM = 1656 m/h = 5.93 w/kg); Armstrong nel 2002 impiegò 45’55” e nel 2004, assieme a Basso, 45’31”.

Lo strappo di Mende (3 km al 10%) in 9’38” a 1907 m/h = 6.35 w/kg, lontano dal record di Pantani – Indurain – Riis di 9’03” nel 1995.

Sulle Alpi, a La Toussuire (18 km al 6.1%), la corsa cambia volto, il dominio assoluto di Froome lascia spazio ad una bella impresa da lontano di Nibali che con 60 km di fuga solitaria si aggiudica una grande tappa e recupera in classifica, mentre Quintana finalmente attacca e guadagna 30” sul britannico: 44’ il tempo di Nairo (1500 m/h = 5.75 w/kg), 45’30” per Nibali.

Sull’ Alpe d’ Huez la corsa conferma che Froome è in netto calo, ma ormai è tardi e l’ inglese si salva grazie anche al grande lavoro di Porte e Poels: 39’10” il tempo di Quintana, 1710 m/h = 6.11 w/kg, di tutto rispetto considerando il precedente attacco sulla Croix de Fer e la fatica accumulata in 20 tappe del TdF. 
Froome cede 1’30”, ripetendo il tempo del 2013 e confermando di non gradire questa mitica scalata.

A Parigi i due rivali saranno divisi da poco più di un minuto, con grande rimpianto dei Movistar, nonostante il terzo posto di un ottimo Valverde.

Le prestazioni di Froome, pesantemente insultato nelle ultime tappe da tifosi esaltati colpevolmente aizzati dalle accuse della stampa francese, sono in linea con quelle espresse al TdF negli ultimi 15 anni.
È il suo fisico sproporzionato, che già nel 2013 ho definito da “alieno”, la sua postura sgraziata in bici, le sue accelerazioni con cadenze di pedalata mai viste a farne un ciclista “diverso” dai classici stereotipi della tradizione europea quali Nibali, Quintana, Valverde o lo stesso Contador. Diverso e dunque sospetto.

Nibali e Contador hanno reso al di sotto delle loro possibilità.

Vincenzo a mio avviso ha sbagliato a ripetere la stessa preparazione dello scorso anno: il suo allenatore, il bravo Paolo Slongo, è un ottimo copista, ma non (ancora) un vero artista.

Alberto ha in parte pagato la fatica del Giro, ma è da tempo che pedala più “duro” e più piano del passato, forse anche a causa di un cambio di metodi di allenamento.

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