Il Caso Pechstein
17 Apr 2010
Claudia Pechstein, tedesca di 37 anni, 5 medaglie d’oro Olimpiche nel pattinaggio velocità su ghiaccio, è stata la prima atleta squalificata (2 anni) per doping dalla Federazione Internazionale (ISU) in base a variazioni di parametri ematologici, senza alcuna dimostrazione diretta di sostanze o pratiche dopanti.
Un pool di ben 14 “esperti” ha contribuito a decretare che le variazioni dei suoi reticolociti non potevano avere altre spiegazioni se non “manipolazioni ematiche illecite”.
Successivamente il TAS di Losanna, presso il quale Claudia si era appellata, consultati altri 4 “esperti”, confermava la squalifica.
L’ atleta nel frattempo non ha potuto partecipare all’ Olipiade di Vancouver, ha visto la sua casa visitata dalla solerte polizia tedesca (equipaggiata con tanto di giubbotti anti-proiettile…) ed è stata esposta alla solita gogna mediatica con inevitabili conseguenze alla sua reputazione e sulla sua famiglia.
Ma Claudia Pechstein, che si è sempre dichiarata innocente, non si è arresa e si è rivolta al prestigioso Centro di Ematologia e Oncologia dell’ Università di Berlino, dove le hanno diagnosticato una sferocitosi ereditaria, difetto genetico che determina una maggiore fragilità dei globuli rossi, i quali vivono meno a lungo del normale. Questo causa oscillazioni e aumenti repentini dei reticolociti, specie in occasione di stress come sforzi intensi o malattie.
Visionando i dati (www.claudiapechstein.de) dei numerosissimi test ai quali l’ atleta è stata sottoposta nella sua carriera, è soprendente che nessuno degli “esperti” abbia sospettato questa forma di anemia emolitica.
È interessante osservare come molti tra gli “esperti” consultati dalla ISU e dal TAS siano tra i padri fondatori o tra i sostenitori del Passaporto Biologico, recentemente approvato dalla WADA e utilizzato anche dall’ UCI: Ashenden, Damsgaard, Sottas, D’Onofrio sono i nomi più conosciuti.
Nel Marzo scorso, un gruppo di medici rappresentati dal Presidente della Società Tedesca di Ematologia e Oncologia, Prof. Gerhard Ehringer, ha accusato formalmente il TAS di aver valutato in maniera parziale il Caso Pechstein e hanno escluso che le anomalie del suo quadro ematico siano dovute a pratiche dopanti.
È di pochi giorni fa la notizia che la Polizia Elvetica ha sequestrato la documentazione del Caso, ipotizzando un comportamento illegale da parte di ISU e TAS, in particolare la omissione di referti ematologici dell’ atleta.
Mi auguro che il Caso Pechstein, finora passato sotto silenzio dai media, così solerti a suo tempo a sbandierarne la squalifica, induca le Federazioni e i loro “esperti” ad una maggiore prudenza, immaginando anche una cospicua richiesta di risarcimento da parte dell’ atleta.