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L' Ora di Rominger

17 Ott 2003

“Cominciamo bene!”…1994, lunedì 17 ottobre, dopo soli 60 metri di pedalate, un titubante Tony Rominger scivola sulla pista di Bordeaux: la sua velocità era troppo bassa sulla ripida curva del velodromo. 

Nessuno dei presenti poteva immaginare che la vorticosa avventura che andava a cominciare avrebbe portato ad uno dei più sensazionali record sportivi degli anni 90. 

Nonostante il suo impacciato esordio, già quel giorno il risultato del primo “test Conconi” mi fa rizzare le orecchie: la soglia anaerobica di Tony mostra un valore superiore, sia pure di poco, al record segnato da Miguel Indurain il 2 settembre di quell’ anno (53,040 km): la “velocità di deflessione” (1;2;3) risulta pari a 53,4 km/ora, pur utilizzando un rapporto (57x15) che, sviluppando 8,00 metri, richiedeva 111 RPM per raggiungere quella velocità.

I due giorni seguenti sono utilizzati da Rominger per familiarizzare con le ripide curve del velodromo e da me per verificare con misurazioni dirette della concentrazione di acido lattico se Tony possa effettivamente aspirare a battere il record dell’ ora. 

Mercoledì sera siamo convinti di potercela fare, su questa stessa pista, a livello del mare, senza bisogno dell’ aiuto dell’ altitudine. 
Quel pomeriggio infatti Tony aveva percorso 25 km con partenza da fermo in 28’11”, alla media di 53,220 km/h, con una frequenza cardiaca media di 172 pulsazioni/min e una concentrazione finale di acido lattico di 3.0 mM/l. Utilizzando un 59x14 (8,86 m) aveva mantenuto una cadenza di pedalata media di 101 RPM. 

Sono molto sopreso della velocità del corridore sulla pista, anche se so bene che il lavoro specifico su strada per la preparazione di corse a cronometro iniziato ad Agosto è stata un’ ottima scelta tecnica in vista di un’ eventuale tentativo di record. 

Fedeli alla regola del “carpe diem”, decidiamo di effettuare il sabato seguente un tentativo ufficiale a porte chiuse (senza pubblico), che consideriamo una sorta di ulteriore verifica dei dati raccolti. 

In un’ atmosfera discreta, nel velodromo semi-deserto, il 22 ottobre Rominger, utilizzando una bicicletta simile a quella da lui utilizzata nelle cronometro su strada, supera largamente il Recor dell’ Ora di Miguel Indurain, percorrendo 53,832 km, con una frequenza cardiaca media di 178/ min e 102 RPM. 

La freschezza del corridore dopo la prova e la facilità con cui ha ottenuto questa misura ci suggerisce la possibilità di fare meglio. 

 

Il lunedì seguente sono a Milano, nell’ officina di Ernesto Colnago, per concordare qualche modifica aerodinamica alla bici. Per il venerdì successivo sono già pronti un nuovo telaio aerodinamico, un manubrio avveniristico e due ruote lenticolari più leggere.

Ecco un' immagine del manubrio concepito e disegnato personalmente da me e realizzato assieme a ITM e Colnago per la bici di Rominger. 

Domenica sera di nuovo tutti a Bordeaux a sperimentare nella settimana nuove soluzioni tecniche: pedivelle più lunghe (175 mm) e un rapporto più duro (60x14; 9,02 m). Tony vola: mercoledì 2 novembre percorre 25 km con partenza da fermo a 

54,622 km/h, senza impegnarsi veramente “a tutta”. Acido lattico al termine della prova: 2.6 mM/l. Frequenza cardiaca media: 171 pulsazioni/min. 

Tutti noi siamo convinti che Rominger abbia nelle gambe una prestazione impensabile fino a due settimane fa. Ma l’ allenamento non è la gara e non tutti i giorni sono uguali, pertanto prudentemente fissiamo come obiettivo del secondo tentativo il superamento della barriera dei 54 km. 

Giovedì e venerdì trascorrono all’ insegna del recupero e della concentrazione. 

Sabato mattina piove. Alle 10, Rominger effettua un preriscaldamento di 40 minuti sui rulli. Poi un po’ di stretching. 

Alle 11.30 un piatto di pasta, torta di mele, un caffè. 

Due ore dopo lasciamo l’ hotel diretti al velodromo. Entriamo. 
Tony è un po’ teso, emozionato; il caldo applauso del pubblico ci infonde coraggio. 
Trenta minuti di riscaldamento, una brave pausa, ancora qualche giro di pista per raccogliere la concentrazione necessaria. 

Alle 14.33 parte.

 

Il resto è storia del ciclismo: Rominger distrugge il suo precedente record percorrendo l’ incredibile distanza di 55,291 km (103 RPM di media). 
Dopo qualche giro di pista di defaticamento scende di bicicletta sicuramente più provato del primo tentativo: ha senza dubbio espresso il massimo di sé stesso. 

Mentre Tony risponde alle domande dei numerosi giornalisti, noi si festeggia con un tuffo nel lago (gelido!) di fronte all’ hotel, brindando felici. 

Come è possibile che Tony Rominger abbia superato Miguel Indurain di oltre 2 km? Questa è la domanda più ricorrente nei giorni seguenti il record. 

Innanzitutto è probabile che Indurain, a 5 settimane dalla fine del Tour de France non fosse al 100% della forma atletica al momento del suo tentativo.

La posizione in bicicletta del corridore spagnolo non appariva la migliore: Tony sembrava più aerodinamico e compatto. 
Infatti è stato calcolato (4;6) che la superficie corporea di Rominger esposta all’ attrito dell’ aria fosse di circa il 13% inferiore a quella di Indurain. 

In realtà la differenza in efficienza (aerodinamica, ma non solo) era di molto superiore: a 53,04 km/h Indurain sviluppava 509,5 watts, mentre alla stessa velocità Rominger erogava 413 watts, con una differenza del 23%. 

Inoltre la velocità del corridore impegnato in pista è tutt’ altro che costante, presentando continue accelerazioni e rallentamenti, in corrispondenza di ogni curva e rettilineo (5). Anche la velocità media di ogni giro varia non di poco (6). 
Un corridore pesante paga queste accelerazioni assai più di un corridore leggero. 

Infine a queste velocità, il record dell’ ora, con le 442 curve percorse da Tony, è diventato una sorta di prestazione “in centrifuga”, nel corso della quale Indurain, 15 kg più pesante e 13 cm più alto di Rominger, ha sicuramente sofferto di più l’ effetto della forza centrifuga in curva. 

Sia per il maggior attrito volvente (che è direttamente proporzionale al peso, e in curva a queste velocità il peso dell’ insieme uomo+bici quasi raddoppia), sia nei termini di un più difficile ritorno del sangue venoso dalle gambe al cuore, a causa della maggior statura di Indurain. 

1) Medical and Scientific Aspects of Cycling. Human Kinetics, 1988: 79-91 
2) Med. Sci. Sports Exerc.; 1999, 31: 1478-83 
3) J. Appl. Physiol.; 1985, 53: 299-303 
4) Sport e Medicina; Nov-Dic 2001: 15-19 
5) Road Cycling. Blackwell Science Ltd.; 2000: 43-45 
6) J. Appl. Physiol.; 2000, 89: 1522-1527 

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