Prodigiosi Corridori Africani
17 Lug 2016
Lo strapotere degli atleti africani nelle corse di fondo, dai 1500m alla maratona, ha attirato l’ attenzione dei ricercatori sulle possibili ragioni di questa egemonia.
Tralasciando motivazioni sociali ed economiche che sicuramente giocano un ruolo importante, la prima differenza riscontrata con in corridori caucasici è il cosiddetto “PESO DISTALE”, cioè la massa polpaccio–caviglia che negli atleti degli altopiani risulta inferiore di circa 400-500g rispetto ai colleghi bianchi.
Numerose ricerche hanno dimostrato che ogni aumento di 50g alle caviglie incrementa la spesa energetica dell’ 1%. Pertanto i corridori africani avrebbero un costo energetico per kilometro inferiore dell‘ 8-10% rispetto ai caucasici.
Una recente ricerca (Eur J Applied Physiol , 2012 ; 112 : 3797-3806) non ha però dimostrato differenze significative nella efficienza di corsa tra maratoneti europei da 2h08’ e maratoneti keniani di pari valore, suggerendo che il dominio africano dipenda da altri fattori.
La conformazione fisica longilinea con braccia e gambe molto lunghe e sottili favorisce la TERMODISPERSIONE, prolungando la resistenza allo sforzo: ricordo infatti che il 75% dell’ energia prodotta si trasforma in calore che deve essere disperso in maniera efficace e redditizia, per limitare l’ aumento della temperatura corporea sotto sforzo.
Anche nel ciclismo, sulle salite del TdF, nella calura estiva, gli atleti alti e magri, con arti lunghi e sottili, sono favoriti nella dispersione del calore rispetto a ciclisti dal fisico più compatto.
La maggior parte dei fondisti africani è nata, vive e si allena in ALTITUDINE.
I keniani vivono oltre i 2000m slm e si allenano ancora più in alto.
Europei e popolazioni andine rispondono alla ipossia incrementando la massa emoglobinica (Hbmass) e la saturazione dell’ Hb (Hbsat).
I Tibetani, pur vivendo a quote elevatissime, hanno invece una Hb normale: possiedono infatti una variazione del gene EPAS1 che impedisce di sviluppare una poliglobulia, con i relativi problemi di viscosità ematica.
Paradossalmente hanno anche una bassa Hbsat, cioè la loro emoglobina carica “poco” ossigeno.
I Tibetani vivono bene alle altitudini estreme grazie ad una eccezionale produzione di ossido nitrico (NO), ben 200 volte superiore ai caucasici.
NO riduce drasticamente le resistenze vascolari polmonari, incrementando il flusso sanguigno e gli scambi gassosi alveolari e dunque la efficienza respiratoria.
Il gruppo etnico etiopico Amhara, che da millenni risiede oltre i 3000m di altitudine, manifesta Hb e Hbsat normali, paragonabili a residenti a livello del mare.
Gli Amhara hanno sviluppato una straordinaria capacità di diffusione dell’ ossigeno dagli alveoli polmonari al sangue.
Sempre in Etiopia, il gruppo etnico degli Oromo, cui appartengono Kenenisa Bekele e le sorelle Dibaba, hanno invece alti valori di Hb e Hbsat.
I pastori Oromo infatti sono migrati sugli altopiani solo 500 anni fa, tempo troppo breve per indurre mutazioni geniche simili a Tibetani e Amhara.
Gli Oromo sono eccezionali “altitude responders”, mostrando spiccati incrementi di Hb anche ad altitudini inferiori ai 1500m slm. Naturalmente ci sono risposte individuali molto differenti anche all’ interno dello stesso gruppo etnico, così come negli atleti caucasici.
La risposta all’ allenamento in altitudine è estremamente individuale, richiedendo per ogni atleta un programma personalizzato su misura.
I soggetti, anche caucasici, nati in altitudine e con infanzia e adolescenza trascorsi sempre in quota, sviluppano superfici alveolari polmonari più ampie rispetto ai nati e residenti a livello del mare, e dunque possiedono una superiore attitudine agli sport aerobici.
I recenti numerosi casi di DOPING con rEPO negli atleti keniani ed etiopici, unitamente a grave corruzione nel sistema dei controlli, ridimensionano, almeno in parte, il mito degli atleti degli altopiani, che rimangono comunque assoluti dominatori delle corse di fondo, almeno fino a quando gli atleti caucasici ritroveranno le giuste motivazioni e i migliori protocolli di allenamento per contrastarli.
Si tratta dunque di un problema di reclutamento di talenti, che vanno incentivati, anche economicamente, e messi nelle condizioni di sviluppare le loro qualità .